Elogio del «prèsto», agg. e avv. (prima del tempo normale)
Svegliarsi prima del solito per avere più tempo, per avere silenzio, per godersi la luce soffice del mattino e dirsi: «tutto può ancora succedere»
Ho saltato l’appuntamento con Spazio Amato un mese e ora, mentre scrivo, penso che potrei farlo saltare ancora un’altra volta. Se dovessi trovare una giustificazione, visto il tema di questa newsletter, potrei dire che la mia mente è in viaggio. Non in vacanza. Si trova proprio su un altro Pianeta.
Ma vengo travolta dal senso di colpa al solo pensiero. Quello, il senso di colpa, non va mai in vacanza e sa sempre dove trovarti e quindi:
In queste ultime settimane mi sono trovata a riflettere molte volte sulla mattina. Sono una persona mattiniera, mi piace svegliarmi presto e godermi le prime due ore della giornata quando ancora le persone non sono uscite di casa, quando fuori c’è silenzio. Per me, che mi distraggo con la stessa facilità con cui mi entusiasmo quando un bambino mi sorride o un cane mi scodinzola, il silenzio è sacro.
L’ora in cui ci svegliamo dipende da noi. Sì, anche dal lavoro che facciamo, ma tutti quanti potremmo decidere di svegliarci un’ora prima per…? Per meditare, per andare in piscina, per correre, per fare una camminata. Per cucinare, per pregare, per leggere. Ognuno occuperebbe il tempo al meglio.
La differenza vera non la fa l’ora in cui mi alzo. Mi alzo presto, punto. È dove mi alzo. Svegliarsi a Venezia è un conto, svegliarsi in mezzo a palazzoni di cemento è un altro. Un conto è uscire di casa e vedere le montagne all’orizzonte, un altro è uscire e sentire i clacson.
Quando viaggiamo ci facciamo più caso: apriamo la finestra dell’albergo o della casa in cui soggiorniamo e pensiamo: «wow, che vista!» e poi postiamo una foto scrivendo #roomwithaview e se non lo facciamo, è molto probabile che mandiamo la foto privatamente a qualche amico o parente.
Al di là del bisogno di condividere il nostro stato di benessere, quello che conta è lo stato di benessere che ci infonde il luogo dove ci svegliamo.
Come inizi la giornata conta. Come inizi qualsiasi cosa conta. E se inizi presto, è meglio.
A proposito di mattine, albe e viaggi
Quest’estate io e l’amica con cui ero in viaggio nel Circeo abbiamo puntato la sveglia prima dell’alba due mattine di seguito. La prima era per andare a occupare la postazione più bella al mare: sì, sfacciatamente scorrette, ma se vuoi qualcosa fai di tutto per ottenerlo (nella legalità). Almeno provarci. E il piano ha funzionato, ci siamo godute una mattina, tra libri e pisolini, con la vista più bella di tutte.
La seconda sveglia presto è stata programmata per andare a fare un bagno nella Grotta delle Capre e scoprire, una volta arrivate - dopo una camminata su un sentiero dissestato - che si trattava di una grotta fuori dall’acqua. Deluse, siamo tornate nella camera del nostro B&B e ci siamo rimesse a dormire, io che mai e poi mai riesco a riaddormentarmi una volta alzata.
È una questione di percezione del tempo: nel Circeo le giornate sembrano che non abbiano un inizio né una fine; la notte e il giorno sono liquidi. Ogni volta che sono arrivata qui, in questo eterno presente, sono venuti a galla i pensieri più forti, quelli che hanno un'eco, e il tempo non mi è mai apparso lineare.
Immaginare il tempo come movimento ciclico, leggevo nell’estratto del libro Divinazione e sincronicità di Marie-Louise von Franz, pubblicato sull’ultimo numero de “Linkiesta etc”, è tipico dei Paesi orientali.

Pensando all’Oriente, quando ero in Giappone, sull’isola di Miyajima, mi sono svegliata all’alba per fare l’esperienza degli onsen, i bagni termali giapponesi. Non rientravano nel mio programma e l’unico modo per provarli era andarci per conto mio, prima di affrontare il resto della giornata. In genere si tratta di una o due vasche all’aperto di acqua calda che hanno accessi separati per uomini e donne e in cui si entra nudi. Un simbolo stilizzato con tre linee ondulate, che rappresentano i fumi dell’acqua calda che evapora, indica la presenza di un onsen, ma metaforicamente dai Giapponesi viene interpretato come il numero di volte in cui bisogna lavarsi (perché all’immersione nell’acqua calda segue una doccia con sapone): una la mattina presto, un’altra prima di cena e l’ultima prima di andare a letto. Ci si lava da seduti in Giappone, io invece mi sono alzata in piedi e ho fatto una doccia come l’avrei fatta a casa. E ho fatto un disastro.
Se solo il film di Wem Wenders, Perfect Days, fosse uscito un anno fa! Avrei saputo anche io come fare e non avrei inondato tutta la sala da bagno con la mia schiuma. Per fortuna era così presto che nessuno mi ha vista.
Che bel film Perfect Days, molti ne hanno parlato come il racconto di una vita semplice, fatta di routine. A me ha colpito un’altra cosa. Anzi due. «Un'altra volta è un'altra volta. Adesso è adesso» credo sia l'essenza del film. Gustati i momenti e le piccole cose. Fermati a guardare, osserva. Se ti viene da giocare, gioca. Poi la vita, inevitabilmente, ti mette degli ostacoli sul percorso, ma tu, a piccoli passi, vai avanti.

E poi viene espresso un concetto importante del Taoismo: yin e yang. Non c’è giusto o sbagliato. Dove splende il sole c’è sempre un’ombra e nella notte più scura trovi sempre un luccichio.
Le news più interessanti che ho letto
Mi è sembrato di vedere quello che ho provato nel Circeo guardando le foto del libro Day to Night, di Stephen Wilkes ed edito da Taschen. Se rimanessimo fermi in un punto per 30 ore, senza mai chiudere gli occhi, e osservassimo semplicemente, quale sarebbe l’immagine che arriverebbe ai nostri occhi? I panorami straordinari di Wilkes ritraggono luoghi famosi dall’alba al tramonto, di cui realizza migliaia di scatti che poi modifica e fonde in un’unica composizione per mostrare lo scorrere del tempo.
Su Travel + Leisure ho letto un bel reportage dal Parco Nazionale Dry Tortugas, in Florida. Poco famoso e quasi completamente sott’acqua, si trova oltre le isole Keys. La giornalista è tornata nel posto dove sempre andava il suo papà, per fare snorkeling, guardare le stelle e… per rendersi conto - scrive - che «molte cose sono fuori dal mio controllo: le condizioni meteorologiche, la forza delle onde, il passare del tempo».
Sono stati annunciati il 21 gennaio scorso i Travel Photographer of the Year. La mia preferita fa parte di una serie scattata in Giappone. È un caso, giuro.
La nave da crociera più grande del mondo, la Icon of the Seas, è stata varata di recente ed è stata definita amica dell’ambiente perché dotata di tecnologie ad alta efficienza energetica. Ma può davvero una barca così grande - può ospitare 8mila persone - essere “green”? Uno studio del 2021 pubblicato sul “Marine Pollution Bulletin” ha rilevato che la crociera rimane una delle principali fonti di inquinamento dell'aria, dell'acqua e della terraferma, con ripercussioni su habitat fragili e sulla salute umana. Se non basta come risposta, il resto lo potete leggere nell’articolo pubblicato sul “NY Times”.
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