Sai dire se una cosa la stai sentendo o se la stai pensando?
Di quando la testa invade il cuore e di trasformazione. E anche di viaggi trasformativi e poi di quella volta a Roma e ancora di racconti che vengono da lontano
Qualche giorno fa parlando con una persona ho detto: «Sai, ho sempre detto che questa cosa non mi piaceva e poi mi sono ritrovata a volerla disperatamente». Lei, senza scomporsi, ha commentato: «Ci diciamo un sacco di cose». È suonato come: «Ci diciamo un sacco di balle».
Io per una vita, cioè fino ad ora, mi sono sempre detta: «Sono ipersensibile, mi faccio travolgere dalle emozioni». Negli ultimi due mesi, sto rivoluzionando molte convinzioni, tra cui questa. Non che non lo sia, molto sensibile, ma ho sempre mandato le emozioni nella testa, che è bravissima ad aggrovigliare tutto.
«Lo stai sentendo o lo stai pensando?», ho sentito domandare e le mie certezze sono crollate.
Tante volte quando mi chiedevano in passato: «Come ti senti?» iniziavo delle lunghe riflessioni «perché ho pensato così e perché ho fatto colà». Oggi quando sento io risposte di questo tipo, dette da altre persone, mi accorgo del meccanismo e, se sono in confidenza, incalzo (come altri hanno incalzato me, e li ringrazio per averlo fatto): «Sì, ma come ti fa sentire tutta questa roba qua?».
Trasformare le forzature in naturalezza affinché la mente pesante diventi una mente pulita.
È un attimo, eh… Un giorno sei là e il giorno dopo sei qua. E non sai nemmeno come hai fatto. O meglio, lo sai, ma non ti accorgi della trasformazione in atto. Lo sai come è successo perché per cambiare bisogna lavorare e ci vuole disciplina. Chissà perché questo concetto lo accettiamo sul lavoro e meno per il resto: ci vuole impegno. Quando ho intervistato la regista Erika Lust le ho chiesto: «Non deve essere stato facile all’inizio essere donna e lavorare nel settore del porno?». E lei, candidamente, mi ha risposto: Ma cosa lo è? La vita in generale è difficile, no?» (l’intervista esce su ELLE, la settimana di San Valentino).

Secondo Treccani per trasformare (qualcuno o qualcosa) è necessaria un’azione o un intervento della natura, dell’uomo o soprannaturale, quindi divino. Da soli non si trasforma niente. Il fuoco che trasforma in cenere, brucia la legna; la cera arde per mantenere viva la sua fiamma; la pioggia trasforma in fango la terra; una parola buona consola un cuore triste; una sgarbata ne accende uno sofferente.
Per creare qualcosa di nuovo occorre una trasformazione. Io mi sono disciplinata molto e ora, dopo mesi, di una routine quotidiana scandita da “appuntamenti fissi” la mente è pulita (qualche giorno con grande fatica). E così il cuore può agire più spontaneamente - a volte goffamente, ma la scomodità, sto scoprendo, è bellissima.
Che cammino la vita.
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Negli ultimi anni si è parlato tanto di viaggi trasformativi, dopo quelli esperienziali sono arrivati loro: i viaggi che ti devono trasformare. E io mi sono sempre chiesta: «Ma in che modo?». Sono molto severa con l’uso in leggerezza delle parole. Ma da qualche tempo mi sono ammorbidita e allora mi chiedo «Come un viaggio può essere trasformativo e perché lo deve essere?».
In effetti siamo abituati a pensare ai viaggi come alla parte -chiamiamola- di “divertimento” della nostra vita. Ma non è che se è una cosa è divertente non può avere un impatto (serio) su di noi - la mia fatica con la comicità è nota, ma si sta trasformando anche quella.
Insomma, un viaggio, se affrontato nel modo giusto, può davvero aiutarci a crescere e a diventare una versione migliore di noi stessi. Un viaggio può essere terapeutico e dovremmo farci più caso, sia mentre viaggiamo sia soprattutto quando scegliamo dove viaggiare. Il fuori corrisponde a un dentro, sempre.
Ho bisogno di dimenticare una persona? Devo superare un lutto? Voglio imparare a essere più paziente? Ho bisogno di ispirazione? Dove posso andare per riorientare la mia bussola?
Andrebbe individuato il nostro bisogno psicologico, oltre il nostro desiderio di vedere un posto che sappiamo essere bello, prima di partire. Viaggiando così, ne sono convinta, anche l’overtourism diminuirebbe, perché i cuori che hanno bisogno di riposo (e quanti sono?) per esempio non andrebbero a Venezia o ci andrebbero a gennaio quando la città riposa.
Viaggiare fuori per viaggiare dentro.
Non certo con questa consapevolezza, prima di trasferirmici nel 2020, andavo spesso a Venezia, un po’ per il desiderio di provare a viverla, e un po’ perché il mio cuore in quel periodo era molto triste e là, con tutta quell’acqua, riusciva a buttare fuori tutto quello che a Milano rimaneva bloccato. Io andavo a Venezia e camminando mi facevo dei grandi pianti.
Quando me ne sono andata da Venezia nel 2023, pensavo di trasferirmi poco dopo a Roma, poi mi sono detta: «Calma, one step at a time». E allora da un paio di anni ci vado spesso, mica a piangere, più a curiosare la sua energia. Ci sono stati momenti in cui ho detto: «Forse è il momento», ma c’erano altri impedimenti, e altre volte in cui ho pensato: «Ora no, troppo caos».
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«Ti piace Zucchero Sugar Fornaciari?» mi ha chiesto, guardandomi dritta negli occhi, serio.
«Beh, ha fatto delle canzoni molto belle. Quindi, diciamo di sì», ho risposto.
«Tieni». Mi porge uno dei suoi auricolari.
Baby don't cry, make it funky
Pane e vino io ti porterò
Miele e Venere su dai campi
Che c'ho l'anima nel fondo del Po
Lui inizia a ballare e io lo seguo. È marzo 2024, siamo in via Panisperna, rione Monti, fuori da una galleria d’arte per l’inaugurazione della mostra di un’amica. Lui canta. I suoi amici ridono e io, ballando con lui, rido più di loro.
Finisce la canzone, chiede ai suoi amici di suggerirgli un’altra canzone. Gli dicono «Neffa! Prima di andare via». Balliamo anche quella.
Quanto è bello sentirsi liberi di fare una cosa senza doverla spiegare?
Neffa smette di cantare, io mi tolgo l'auricolare e glielo restituisco. Faccio un inchino per ringraziarlo e torno dalla mia amica.

Zucchero insegna, Ci vuole un po' di catching funky.
Quando si è connessi con un posto, si ricevono un sacco di messaggi e di occasioni. Ci avete fatto caso? I muri delle città sembrano parlare a noi, il nostro artista preferito esibisce in un museo, facciamo incontri significativi, ci troviamo per caso (!) davanti a un negozio che vende proprio quello che stavamo cercando, entriamo senza pensarci in un ristorante e quella sarà una delle cene più belle del viaggio. Quando manca quella connessione, manca qualcosa.
Stare connessi, con noi e con il mondo. Non dovremmo mai dimenticarci del nostro viaggio interiore.
Le news più interessanti che ho letto
La città cosmologica - Mai sentito parlare di Yogiakarta? È una città indonesiana con grandi templi induisti e buddisti, una fiorente scena gastronomica e una sua area definita “Asse Cosmologico” è patrimonio Unesco. Questa zona della città è tata costruita nel XVIII secolo da un sultanato che ancora governa la regione politicamente e spiritualmente. Comprende strutture, dettagli e simboli di un mix sincretico di credenze animiste, indù, buddiste e musulmane. La città si trova sull’isola di Giava e la racconta Scott Mowbray sul New York Times.
Gli animali sono coscienti? - In Occidente, la scienza ha posto quasi sempre gli esseri umani in cima alla gerarchia della specie, attribuendo coscienza al di fuori dell’esperienza umana a pochi. Ma ora questa convinzione sta crollando. Scrive Willow Defebaugh, su Atmos, «la nostra concezione del regno animale deve essere più saggia e più mistica».
Che rumore fa il mondo? - Ho intervistato per Vanity Fair David Monacchi che è ingegnere del suono e compositore, ma soprattutto fondatore di Frammenti di Estinzione. Gira per le Foreste Equatoriali e registra campionamenti di 24 ore: lì, luoghi incontaminati, parla la storia dell’evoluzione, lì si manifesta la biodiversità che sta scomparendo e molto in fretta.
L’ultimo commerciante della Via della Seta - una bella lettura per il fine settimana. L’articolo di BBC Travel racconta la storia di Muzzamil Hussain, un uomo di Kargil, in Ladakh, India. Un giorno il suo bisnonno ha chiesto di essere portato in un suo vecchio magazzino e lì Hussain ha trovato un tesoro immenso: casse di legno con impressi i nomi di città di tutto il mondo che contenevano sete dalla Cina, pentole d'argento dall'Afghanistan, tappeti dalla Persia, turchesi dal Tibet, selle dalla Mongolia e saponi e salse da Londra, New York e Monaco. La collezione, una delle più belle private di manufatti della Via della Seta in India, è ora esposta nel museo Munshi Aziz Bhat a Kargil.
Infine, un avviso ai naviganti. A proposito di trasformazioni
Da metà febbraio mi lancio in una "cosa" nuova: le letture di tarocchi.
Dopo aver concluso un nuovo corso, ho deciso di dedicare più tempo ed energie a questo amato strumento, che negli ultimi anni accompagna il mio cammino.
I tarocchi aiutano a guardare dentro di sé, sono uno specchio dell'anima. Non c'è divinazione e non prevedo il futuro. Quello che ha fatto innamorare me delle carte è la loro capacità di arrivare dritte al punto e di ribaltare le mie convinzioni, anche con una sola lettura.
Ci raccontiamo un sacco di cose, ma non sempre ci raccontiamo la verità.
A chi sono rivolte le letture? A tutti. A voi o a chi volete fare un regalo. A chi organizza un evento.
Come funziona? Per ora ho pensato a queste formule, ma procedendo potremmo trovarne altre, insieme, nuove e migliori:
- lettura singola da 30 minuti (donazione 20 €) su un tema specifico.
- pacchetto di 3 letture da 30 minuti una volta al mese (donazione 50 €) su argomenti diversi o per approfondire un tema nell'arco dei 3 consulti.
- lettura scritta: ci vediamo, parliamo, peschiamo le carte, facciamo la lettura di 30 minuti e una volta chiusa la sessione, vi mando via mail, le riflessioni emerse (donazione 40 €).
- per letture a eventi privati, ci si incontra e si stabiliscono i dettagli.
Grazie, di cuore, per essere in questo Spazio Amato.
Sempre un piacere e molto interessante leggere le tue newsletter, ricche di spunti di riflessione.