Un anno di navigazione libera
Il primo anniversario di Spazio Amato, un anno dal trasloco più disastroso della storia. I miei viaggi a Roma e in Georgia e quelli alla ricerca di fantasmi
Un anno di Spazio Amato. Tutto è iniziato lasciando Venezia. Esattamente un anno fa, oggi che scrivo (ormai ieri l’altro), caricavo (non io) i miei scatoloni su dei carretti, che poi finivano su una barca per essere trasportati fino a piazzale Roma. Da lì sono finiti dentro a un camion e sono rimasti per tre mesi (non per mia volontà, ma questa è un’altra storia) a Padova. Proprio settimana scorsa con un’amica ricordavo quel trasloco così malfatto, perché se una ventina di scatoloni ha fatto quella fine lì, in casa per l’ultima settimana veneziana era rimasta una quantità di roba inspiegabile: stendini, coperte, doppi cuscini, ferro da stiro, piatti, macchina del caffè, 5 cappotti, abiti.
Un po’ è che non mi piace pianificare, un po’ è che non ho una mente logica, un po’, forse, è che sono un’ottimista. Solo che poi l’ultimo giorno vero a Venezia ci siamo ritrovate io e mia mamma a dover trasportare aspirapolvere, valigie, coperte e libri (e Mina cane disagiato) da San Marco a piazzale Roma, in un giorno festivo, con l’acqua alta. Ce l’abbiamo fatta, ma solo grazie all’aiuto di tante persone. E in mezzo c’è stato pure un altro carico partito insieme a una mia amica in auto qualche giorno prima. Insomma un disastro.

Però in quei giorni di trambusto e disorganizzazione mi ero messa a scrivere il primo Spazio Amato. Ho mantenuto la parola da allora? Quasi, ho saltato un mese. Sono contenta? Molto. Ho capito che strada sta percorrendo Spazio Amato? No. Ma alla fine si arriva sempre da qualche parte, se si governa bene la rotta.
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La mia rotta sta cambiando, lo sento. Il tanto viaggiare di questi ultimi anni mi ha portata a fare delle riflessioni sulla necessità di modificare il modo in cui lo faccio. Meno e meglio. Una sfida visto il mio lavoro, ma non impossibile.
Per esempio: ci sono dei luoghi in cui, come turisti, non dovremmo andare. E non parlo di Paesi in cui mancano i diritti umani, ma quelli in cui vengono tolti ai cittadini in favore dei turisti. Questo è il mio “inaccettabile”. E lo scrivo qui se me lo dovessi dimenticare (anche se la maggior parte delle volte lo si scopre sul posto).
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Sono stata a Roma due settimane fa. Chi mi conosce lo sa, sogno una vita romana. Da più di un anno provo un desiderio forte, simile a quello che provavo per Venezia, prima di trasferirmici. Ma per ora mi limito alle prove generali. E poi si vedrà. Bisogna avere fiducia, quello che non arriva oggi è perché non può arrivare (l’ho già detto, me lo ricordo, è che ci credo davvero).
Accanirsi su qualcosa è l’attitudine di chi sceglie di stare nella perdita.
Me lo ha insegnato una mia maestra. Ma noi siamo fatti per evolverci. Se il terreno che si incontra non è fertile, si ringrazia e si va avanti.
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Cose successe a Roma degne di nota o da segnalare.
Ho visitato il Parco degli Acquedotti (seguirà articolo) che è stupendo. E la considerazione è: lasciamo i centri città e andiamo a vedere cosa c’è “fuori”, infischiamocene delle “5 cose da vedere” consigliate. Spoiler: i dati di lettura lo confermano, i lettori sono stufi dei contenuti poveri e uguali agli altri. Scegliamo di vedere quello che veramente interessa a noi; chiediamo alle persone del posto; siamo curiosi. Le informazioni online ci sono e non sono tutte uguali.
Ho visto la prima del film Arsa dei Masbedo. Era nella programmazione del Festival di Cinema di Roma e mi è piaciuto tanto. Un racconto delicato e denso, ambientato a Stromboli, una fotografia meravigliosa, un po’ magica. È la storia di una ragazza orfana selvaggia alla scoperta di se stessa. E qui vedete il trailer.
Ho aspettato un taxi a Termini un’ora, che non è arrivato. Allora ho preso al volo l’ultima metro disponibile alle ore 9.20 di sera. E, diciamolo, la metro di Roma fa schifo, è brutta e sporca. Non lo dico per fare polemica gratuita, mi lamento di una promozione della città sempre più esclusiva (leggi, cara), in cui aprono, con rulli di tamburo e grande orgoglio, hotel a 5 stelle, ma che non sa tenere pulite due misere linee della metropolitana (e non solo quelle).
La città è tutta un cantiere, ovunque scrivono che i lavori sono in vista del Giubileo. Che inizia il 14 dicembre. Confidiamo in un miracolo, visto l’obiettivo.
Roma è bellissima.
Alcuni dei miei luoghi preferiti. I negozi di via di Monserrato: non compro niente, ma accelerano i miei pensieri creativi; la passeggiata dal Teatro di Marcello al Portico d’Ottavia; la Centrale Montemartini; Villa Borghese (il mio assoluto romano), dove ha appena riaperto la Loggia dei Vini che, restaurata, è diventata uno spazio di arte contemporanea fruibile gratuitamente, da tutti quelli che passeggiano nel parco. Si chiama Lavinia. Arte finanziata da privati che mette a disposizione spazi pubblici che altrimenti sarebbero abbandonati: esiste un modello d’arte migliore? Per me, no. Sulle chiese non so scegliere, è impossibile (Sant’Ivo alla Sapienza? Santa Maria della Vittoria? San Luigi dei Francesi? Sant’Ignazio di Loyola?). Ce n’è una, piccola, sconsacrata, poco conosciuta che mi piace parecchio: è Sant’Andrea de Scaphis oggi una piccola galleria d’arte contemporanea. Prende il nome dalle piccole imbarcazioni (gli scafi) che approdavano sulla vicina riva del Tevere. C’è un passato che accoglie il presente o, forse, c’è un presente che onora il passato.
Non consiglio ristoranti, non è la mia specializzazione e ne ho provati troppo pochi, ma se avete bisogno di qualche suggerimento, ho un elenco lungo come l’Iliade di nomi consigliati da amici romani.
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In Georgia lo scorso fine settimana ci sono state le elezioni nazionali: ha vinto il partito del premier uscente, Sogno Georgiano. Si parla di brogli elettorali e non solo. I georgiani - quelli più giovani soprattutto - sono preoccupati per le idee filo putiniane del Primo Ministro: loro si sentono europei e vorrebbero entrare nell’UE. Quest’estate una ragazza della mia età mi aveva detto che aveva preparato tutti i documenti per emigrare in caso di vittoria di Sogno Georgiano. Un’altra era preoccupata di come sarebbe cambiata la sua vita con la rielezione dello stesso governo.
La Georgia è un Paese giovane e dinamico. L’energia positiva della capitale Tbilisi è palpabile: musica, bar, ristoranti, librerie, negozi. Si sta bene anche se non ci sono grandi musei o monumenti da visitare. Si vive. Quello che manca sempre di più in molte delle nostre città, che sono più a misura di turisti che non dei loro abitanti.
Ci tornerei domani e tornerei a dormire all’hotel Stamba. Ho avuto la fortuna di dormire in hotel magnifici in giro per il mondo, ma questo rientra nella mia top 5, forse anche nella top 3. E non sono l’unica a pensarlo.
Poi si esce dalla capitale e si entra in un altro mondo: poche persone, poche abitazioni, strade dissestate. Si guida e all’improvviso si vede spuntare un monastero, isolato su un cucuzzolo: alcuni sono commoventi tanto sono belli.
Molti vanno in Georgia per le sue montagne, e anche io che non sono una appassionata mi sono emozionata davanti alle sue vette vergini, senza impianti o costruzioni. Chi ama fare trekking, amerà senz’altro il Caucaso.
E poi c’è Vardzia, un sito archeologico che mi ha incantato quanto Petra, se ha senso fare paragoni (no, non ha senso, ma ogni la scivolata è inevitabile): è un monastero rupestre scavato nella roccia e se andate, investite dei soldi (pochi) in una visita guidata.
Il caso non esiste. Lo scorso anno, quando sono andata a Copenaghen, visitando il Louisiana Museum, mi ero trovata davanti ai quadri di un artista che non avevo mai sentito nominare. Mi avevano colpito molto: animali, contadini, paesaggi fiabesche e pure delle giraffe. Disegni un po’ naïf, ma potenti. Avevo letto la sua biografia e mi aveva colpita, era georgiano e io sognavo di andare in Georgia già da qualche anno. Poi, come tante cose, anche lui era entrato nell’archivio della mia memoria. Quest’anno, mentre ero sull’aereo verso Tbilisi, sfogliando la rivista a bordo, mi sono ritrovata davanti a quelle immagini. Non le avevo riconosciute subito, ma erano familiari.
Letto il nome, tutto era tornato alla memoria. Molte delle sue opere sono esposte alla Galleria Nazionale di Tbilisi. Ah! Il nome: si chiama Niko Pirosmani. Viva Pirosmani e viva la Georgia!
Le news più interessanti che ho letto
Cresce l’interesse per il paranormale, per l’esoterismo e per l’occulto. Anche nei viaggi. Come molti altri hotel, il Red Cliffs Lodge, nella periferia di Moab, nello Utah, fornisce mappe, saponi e, su richiesta, kit dentali con spazzolini e dentifricio. Ma dallo scorso anno, racconta la CNN, ha messo a disposizione anche un kit per la caccia ai fantasmi, con registratore digitale, misuratore di campi elettromagnetici e la cosiddetta scatola dei fantasmi. “È probabile che, se siete in sintonia con queste cose, le vedrete. Quindi vi prepariamo a questo” dicono in hotel. Voi ci andreste in luoghi infestati da fantasmi?
A proposito di amenities degli alberghi, si chiede il New York Times: le pantofole monouso degli hotel sono le prossime cannucce di plastica? Ovvero: verranno vietate? Io ne ho una scorta, quindi non me ne preoccupo (si scherza), ma la domanda è lecita. Se anche gli hotel 5 stelle stanno sostituendo le “monodosi” di shampoo e bagnoschiuma, è giusto domandarsi se si debba fare lo stesso con le ciabatte. Soprattutto visto che sempre più spesso sono di pessima qualità (quindi non riutilizzabili) e confezionate in astucci di plastica.
Sarà che non ho TikTok, sarà che sono boomer come mi hanno recentemente definita, sarà che sono nata con due secoli di ritardo, dico io, sta di fatto che mi ero persa il trend dell’estate: il raw-dog travel. Ovvero la sfida di non fare nulla sui voli a lungo raggio. Niente wi-fi (ormai disponibile - a pagamento - sui voli di qualsiasi compagnia), niente film e addirittura niente cibo. Una sfida che dimostra il grave livello di dipendenza dai telefoni e la nostra incapacità a stare senza fare nulla. Siamo così dipendenti dagli stimoli esterni, dice la BBC, che stare senza distrazioni per diverse ore è ormai considerato una “sfida”. Ne parlavo recentemente con degli amici: anche io mi preoccupo della mia dipendenza dal telefono. Ma non mi serve salire su un aereo, basta uscire a camminare nel bosco o lasciare il telefono in camera da letto quando guardo un film o se devo finire un lavoro urgente o in borsa se sono a tavola con gli amici.
Si avvicina la fine dell’anno e iniziano a comparire articoli sulle tendenze del prossimo anno. Qui ci limitiamo a riportare quelle che riguardano il modo di viaggiare: in crescita i viaggi in luoghi poco affollati, le vacanze slow per riconnettersi e quelle per assistere a fenomeni naturali speciali. Non mi paiono delle grandi novità, a dire il vero. Io sto stilando la lista dei viaggi che vorrei fare il prossimo anno: poche città e tanta natura. Voi? Dove sognate di andare?
Sempre una gioia leggere Spazio Amato! Buon anniversario.